Cofferati, avanti lo stesso, o opposizione o governo

Written on 01:57 by Bolognasicura


(ANSA) - BOLOGNA, 11 OTT - Non ci saranno elezioni anticipate a Bologna, orfana da ieri della sinistra (compresi Sd e Sdi) uscita dalla maggioranza. Per il sindaco Sergio Cofferati vale il consenso espresso dagli elettori nel 2004 per cui andra' avanti con l'appoggio di Ds e Dl nel Consiglio comunale. L'annuncio e' dato dallo stesso sindaco: 'o si sta all'opposizione o al governo'. Un principio valido anche per l'assessore allo Sport Anna Patullo (Pdci): 'o si dimette dalla Giunta o dal partito'.

E qui comando io, e questa è casa mia, e intanto noi lo prendiamo nel brevo.

Che Guevara, il rivoluzionario ipocrita e moralista

Written on 01:39 by Bolognasicura

«Vi sono innumerevoli forme di oppressione, alcune più sottili delle altre, talvolta abbellite dal richiamo alla giustizia sociale, talaltra mascherate dalla scusa della sicurezza. Per questo, riconoscere e denunciare il subdolo meccanismo psicologico per mezzo del quale i nemici della libertà cercano di indurci ad accettare una servitù volontaria è uno dei compiti più urgenti del nostro tempo». Così scrive Alvaro Vargas Llosa nell’introduzione de “Il mito Che Guevara e il futuro della libertà” (Lindau, pp. 112, euro 12). Nel resto del libro, l’autore si dedica a questo compito demolendo Ernesto Che Guevara, l’icona alla quale si richiamano movimenti più o meno rivoluzionari e, almeno in America Latina, uomini politici di primo piano come il venezuelano Hugo Chávez. Oltre, naturalmente, a Fidel Castro.

Il Che è diventato un simbolo di libertà, uguaglianza, ribellione al dispotismo. Addirittura pacifismo. Vargas Llosa sottolinea il primo paradosso. Le icone vendono bene: «Guevara, che tanto (o poco?) ha fatto per abbattere il capitalismo, è oggi ridotto al più classico marchio capitalista». In effetti, il suo volto adorna «tazze, felpe, accendini, portachiavi, berretti, sciarpe, bandane, camicie, borse, jeans, confezioni di the alle erbe». I seguaci del culto, tra cui si annovera anche Diego Armando Maradona, conoscono la vera storia del loro eroe? Pare di no.

Ministro dell’Industria incompetente
È lo stesso Guevara ha sintetizzare il proprio sanguinario ideale di giustizia nel suo “Messaggio alla Tricontinentale” (1967): «L’odio come fattore di lotta - l’odio intransigente contro il nemico - che spinge oltre i limiti naturali dell’essere umano e lo trasforma in una reale, violenta, selettiva e fredda macchina per uccidere». «Selettiva» fino a un certo punto. Nella prima metà del 1959, a rivoluzione ormai conclusa, Guevara dirige la prigione di La Cabaña, anche nota come “galera de la muerte”. I nemici politici sono sottoposti a processi sommari. Il Che impartisce disposizioni precise ai membri del tribunale: gli accusati sono tutti assassini e devono finire al muro. Stime attendibili parlano di 400 esecuzioni in meno di sei mesi. Forte di questa esperienza, il Che crea, insieme con Fidel, l’apparato di polizia che ridurrà in schiavitù sei milioni e mezzo di cubani. Nel 1961, dopo la fallita invasione della Baia dei Porci, il nuovo Stato di polizia si consolida. Secondo il Che è l’occasione buona per far sì che i contro-rivoluzionari «non rialzino mai più la testa». La categoria “contro-rivoluzionario” è intesa nel modo più estensivo possibile. Le porte dei campi di concentramento progressivamente si spalancano per «dissidenti, omosessuali, vittime dell’Aids, cattolici, testimoni di Geova, sacerdoti afro-cubani e altri indesiderabili». C’è un aspetto poco noto che merita di essere descritto: il moralismo del Che. «Nel 1958 - scrive Vargas Llosa - dopo aver preso la città di Sancti Spiritus, Guevara cercò (senza successo) di imporre una sorta di shar’ia regolamentando i rapporti fra i sessi, l’uso dell’alcol e le scommesse informali». Il tutto all’insegna di un puritanesimo che il comandante non si sognava neppure di applicare nella sua vita personale.

Anche l’ideale collettivista poggia su massime non esattamente democratiche quali: «Le masse in lotta approvano la rapina delle banche, perché in esse non è depositato uno solo dei lorosoldi ». Il metro di misura della bontà delle riforme economiche consiste nel numero di individui «che capiscono che nella nuova società non c’è posto per loro». Fra il 1959 e il 1961, Guevara ha in mano le leve dell’economia cubana, prima come direttore della Banca Nazionale, poi come ministro dell’Industria. I risultati sono disastrosi. In quel periodo, scrive Vargas Llosa, «si verificò il crollo pressoché completo della produzione di zucchero, l’industrializzazione fallì del tutto e si dovette ricorrere al razionamento». La riforma agraria fu un affare per i burocrati: le terre sottratte ai ricchi non finirono ai contadini ma agli uomini dell’apparato. Fra il 1961 e il 1963 il raccolto si ridusse della metà.

Le spedizioni in Congo e Bolivia
Perfino l’immagine di genio della guerriglia mostra qualche crepa. Il maggiore successo di Guevara contro Batista, la conquista della città di Santa Clara, è stato messo in discussione di recente. Pare infatti che la resa fu concordata in cambio di una forte somma di denaro. I gruppi di guerriglieri organizzati in Nicaragua, Repubblica Dominicana, Panama e Haiti finirono presto e male. Disastrosa la spedizione in Congo. Guevara si schierò al fianco di due ribelli contro il regime congolese appoggiato dagli Usa. Il primo si chiamava Mulele. Dopo aver preso la città di Stanleille fece vedere di che pasta era fatto: fu assassinato chiunque sapesse leggere e portasse la cravatta. Il secondo era Laurent Kabila, un altro assassino patentato, come risulterà evidente negli anni Novanta. Nel 1965 Guevara capì che la partita era persa e cambiò aria. Salì al potere Mobutu che instaurò una tirannia destinata a durare decenni. La missione in Bolivia fu invece dilettantesca. Il Che non si accorse di non avere l’appoggio né dei contadini né del partito comunista boliviano. Fu catturato nella gola dello Yuro subito dopo aver incontrato l’intellettuale francese Régis Debray. Il giorno dopo, 9 ottobre 1967 viene ucciso.
Tirando le somme, Vargas Llosa sostiene che in fondo Che Guevara fu molto simile al dittatore Batista, rispetto al quale fu però più spietato ed efficiente. In Guevara riemergono le costanti del potere in America Latina: il caudillismo, cioè l’influenza dominante di una figura autoritaria nel sistema di governo; e il collettivismo, cioè il disprezzo per l’individuo, la proprietà privata, il capitalismo. Caratteristiche evidenti negli attuali regimi venezuelano e boliviano. Il liberalismo in Sud America è forse destinato a rimanere un miraggio?

di Alessandro Gnocchi
Da Libero, 31 maggio 2007

Giampaolo Pansa in diretta su Punto radio

Written on 09:05 by Bolognasicura

Domani alle ore 13, Massimiliano Mazzanti nel programma Obiettivosubologna, intervisterà in diretta Giampaolo Pansa sul suo ultimo libro.

Giampaolo Pansa (Casale Monferrato, 1935) è un giornalista e scrittore italiano.

Ha lavorato a La Stampa, Il Giorno, Il Corriere della Sera, Panorama e La Repubblica ed è stato condirettore di L'Espresso. A queste ultime due testate collabora tuttora. Su L'Espresso in particolare tiene una rubrica settimanale di politica e costume, il Bestiario.

Ha scritto anche romanzi e numerosi saggi di storia contemporanea, tra i quali Il sangue dei vinti, Sconosciuto 1945 e La Grande Bugia, che raccontano le violenze compiute dai partigiani comunisti nei confronti di fascisti, partigiani bianchi e talvolta anche cittadini comuni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.

La sua posizione politica, individuabile in una opzione socialiberale di lontana matrice azionista, non gli ha impedito di criticare il centrosinistra italiano e le sue contraddizioni.

Dopo la pubblicazione de "Il sangue dei vinti", Pansa è stato accusato da qualche collega di aver gettato fango sulla Resistenza; tra questi Giorgio Bocca. Alcuni settori della storiografia accademica hanno inoltre criticato Pansa per una metodologia di ricerca che non prevede, privilegiando un approccio narrativo, né l'utilizzazione delle note a piè di pagina né lo stile opaco che sovente caratterizza la ricerca storica italiana. Pansa è stato inoltre accusato di aver utilizzato quasi esclusivamente fonti di parte fascista.

Il suo ultimo libro, "La grande bugia", è dedicato proprio alle reazioni suscitate da "Il sangue dei vinti". Durante le presentazione del libro in una libreria di Reggio Emilia il 17 ottobre 2006, il giornalista è stato contestato da alcuni giovani dei centri sociali della zona.

Celebri alcune delle sarcastiche definizioni che Pansa ha dedicato ai politici italiani, come quella di "Parolaio rosso", affibbiata a Fausto Bertinotti o quella di "Dalemoni", alludente al cosiddetto "inciucio" tra Massimo D'Alema e Silvio Berlusconi ai tempi della Bicamerale.

Fonte wikipedia


Mazzanti torna in onda

Written on 06:28 by Bolognasicura

Mazzanti torna in onda con Obiettivo su Bologna

Martedì, mercoledì, venerdì: Ore 13 Punto Radio

Lunedi: ore 16,00 Punto radio e in Televisione in diretta su Rete 8
Giovedi: ore 16,00 Punto radio e in Televisione in diretta su Rete 8

ricomincerà anche a mettere articoli nel blog
Si ricomincia e il momento non poteva essere migliore