Che Guevara, il rivoluzionario ipocrita e moralista

Written on 01:39 by Bolognasicura

«Vi sono innumerevoli forme di oppressione, alcune più sottili delle altre, talvolta abbellite dal richiamo alla giustizia sociale, talaltra mascherate dalla scusa della sicurezza. Per questo, riconoscere e denunciare il subdolo meccanismo psicologico per mezzo del quale i nemici della libertà cercano di indurci ad accettare una servitù volontaria è uno dei compiti più urgenti del nostro tempo». Così scrive Alvaro Vargas Llosa nell’introduzione de “Il mito Che Guevara e il futuro della libertà” (Lindau, pp. 112, euro 12). Nel resto del libro, l’autore si dedica a questo compito demolendo Ernesto Che Guevara, l’icona alla quale si richiamano movimenti più o meno rivoluzionari e, almeno in America Latina, uomini politici di primo piano come il venezuelano Hugo Chávez. Oltre, naturalmente, a Fidel Castro.

Il Che è diventato un simbolo di libertà, uguaglianza, ribellione al dispotismo. Addirittura pacifismo. Vargas Llosa sottolinea il primo paradosso. Le icone vendono bene: «Guevara, che tanto (o poco?) ha fatto per abbattere il capitalismo, è oggi ridotto al più classico marchio capitalista». In effetti, il suo volto adorna «tazze, felpe, accendini, portachiavi, berretti, sciarpe, bandane, camicie, borse, jeans, confezioni di the alle erbe». I seguaci del culto, tra cui si annovera anche Diego Armando Maradona, conoscono la vera storia del loro eroe? Pare di no.

Ministro dell’Industria incompetente
È lo stesso Guevara ha sintetizzare il proprio sanguinario ideale di giustizia nel suo “Messaggio alla Tricontinentale” (1967): «L’odio come fattore di lotta - l’odio intransigente contro il nemico - che spinge oltre i limiti naturali dell’essere umano e lo trasforma in una reale, violenta, selettiva e fredda macchina per uccidere». «Selettiva» fino a un certo punto. Nella prima metà del 1959, a rivoluzione ormai conclusa, Guevara dirige la prigione di La Cabaña, anche nota come “galera de la muerte”. I nemici politici sono sottoposti a processi sommari. Il Che impartisce disposizioni precise ai membri del tribunale: gli accusati sono tutti assassini e devono finire al muro. Stime attendibili parlano di 400 esecuzioni in meno di sei mesi. Forte di questa esperienza, il Che crea, insieme con Fidel, l’apparato di polizia che ridurrà in schiavitù sei milioni e mezzo di cubani. Nel 1961, dopo la fallita invasione della Baia dei Porci, il nuovo Stato di polizia si consolida. Secondo il Che è l’occasione buona per far sì che i contro-rivoluzionari «non rialzino mai più la testa». La categoria “contro-rivoluzionario” è intesa nel modo più estensivo possibile. Le porte dei campi di concentramento progressivamente si spalancano per «dissidenti, omosessuali, vittime dell’Aids, cattolici, testimoni di Geova, sacerdoti afro-cubani e altri indesiderabili». C’è un aspetto poco noto che merita di essere descritto: il moralismo del Che. «Nel 1958 - scrive Vargas Llosa - dopo aver preso la città di Sancti Spiritus, Guevara cercò (senza successo) di imporre una sorta di shar’ia regolamentando i rapporti fra i sessi, l’uso dell’alcol e le scommesse informali». Il tutto all’insegna di un puritanesimo che il comandante non si sognava neppure di applicare nella sua vita personale.

Anche l’ideale collettivista poggia su massime non esattamente democratiche quali: «Le masse in lotta approvano la rapina delle banche, perché in esse non è depositato uno solo dei lorosoldi ». Il metro di misura della bontà delle riforme economiche consiste nel numero di individui «che capiscono che nella nuova società non c’è posto per loro». Fra il 1959 e il 1961, Guevara ha in mano le leve dell’economia cubana, prima come direttore della Banca Nazionale, poi come ministro dell’Industria. I risultati sono disastrosi. In quel periodo, scrive Vargas Llosa, «si verificò il crollo pressoché completo della produzione di zucchero, l’industrializzazione fallì del tutto e si dovette ricorrere al razionamento». La riforma agraria fu un affare per i burocrati: le terre sottratte ai ricchi non finirono ai contadini ma agli uomini dell’apparato. Fra il 1961 e il 1963 il raccolto si ridusse della metà.

Le spedizioni in Congo e Bolivia
Perfino l’immagine di genio della guerriglia mostra qualche crepa. Il maggiore successo di Guevara contro Batista, la conquista della città di Santa Clara, è stato messo in discussione di recente. Pare infatti che la resa fu concordata in cambio di una forte somma di denaro. I gruppi di guerriglieri organizzati in Nicaragua, Repubblica Dominicana, Panama e Haiti finirono presto e male. Disastrosa la spedizione in Congo. Guevara si schierò al fianco di due ribelli contro il regime congolese appoggiato dagli Usa. Il primo si chiamava Mulele. Dopo aver preso la città di Stanleille fece vedere di che pasta era fatto: fu assassinato chiunque sapesse leggere e portasse la cravatta. Il secondo era Laurent Kabila, un altro assassino patentato, come risulterà evidente negli anni Novanta. Nel 1965 Guevara capì che la partita era persa e cambiò aria. Salì al potere Mobutu che instaurò una tirannia destinata a durare decenni. La missione in Bolivia fu invece dilettantesca. Il Che non si accorse di non avere l’appoggio né dei contadini né del partito comunista boliviano. Fu catturato nella gola dello Yuro subito dopo aver incontrato l’intellettuale francese Régis Debray. Il giorno dopo, 9 ottobre 1967 viene ucciso.
Tirando le somme, Vargas Llosa sostiene che in fondo Che Guevara fu molto simile al dittatore Batista, rispetto al quale fu però più spietato ed efficiente. In Guevara riemergono le costanti del potere in America Latina: il caudillismo, cioè l’influenza dominante di una figura autoritaria nel sistema di governo; e il collettivismo, cioè il disprezzo per l’individuo, la proprietà privata, il capitalismo. Caratteristiche evidenti negli attuali regimi venezuelano e boliviano. Il liberalismo in Sud America è forse destinato a rimanere un miraggio?

di Alessandro Gnocchi
Da Libero, 31 maggio 2007

If you enjoyed this post Subscribe to our feed

12 Comments

  1. Anonimo |

    Tanto per cominciare, Libero è il giornale più repellente che ci sia sulla faccia della terra e solo degli sfigati ignoranti possono dargli un qualche credito, visto che i giornalisti che vi scrivono sono tutti indistintamente servi del potere (vedi il caso Farina/Sismi). In secondo luogo il Che forse non sarà stato uno stinco di santo, ma detto da dei fascisti merdosi come voi, che non hanno mai fatto altro che appoggiare le più squallide e feroci dittature in giro per il mondo, mi fà solo ridere e vergognare per voi!

     
  2. Anonimo |

    Se le cose le dice uno di sx come te forse se ne può parlare ma se a dirlo sono dei fascisti merdosi allora tutto diventa falso.
    Tu, dimostri di essere il prototipo del Dittatore contro cui dici di lottare. Anche il comunismo è stata una dittatura di una elite sul popolo che doveva liberare.

     
  3. Anonimo |

    Basterebbe guardarsi l'inizio del film "Scarface", per chiedersi:"Ma cosa avrà avuto tutta questa gente per scappare via in questo modo, visto che in un paradiso come quello si vive così bene?"
    Harris, perchè non ti trasferisci a Cuba, visto che si vive così bene (ma tra la gente comune però, non in qualche resort esclusivo per turisti)?

     
  4. Anonimo |

    Spiacente "anonymous", sei andato fuori tema: 4! Devi studiare di più e frequentare letture più intelligenti del "Meine Kampf", altrimenti la testa si alleggerisce sempre di più, fino a volare via per sempre!

     
  5. hellstrike |

    Harris ma piantala con sta storia del fascista. Pensa ai 100.000.000 di morti a causa del comunismo.
    Preciso che la cifra è arrotondata al ribasso visto che anche oggi i tuoi amichetti comunisti, tanto per fare un esempio stanno facendo fuori qualche dozzina di monaci buddisti.. tanto per mantenersi in forma.
    Ti faccio presente che il comunismo, come a te piacerebbe credere non esiste. Perchè il comunismo reale ha solamente ridotto la gente a poveracci e ammazzato chi non gli garbava ? Presente il muro di Berlino ? Sai che ci stava dall'altra parte ?
    Per cui stai zitto almeno ... e dopo 40 anni dalla morte del Che l'unica cosa che si può festeggiare è proprio la sua morte.

     
  6. Anonimo |

    Caro "hellstrike" sei andato anche tu fuori tema... mi spiace... io la parola "comunismo" non l'ho neppure nominata... ma d'altra parte cosa ci si può aspettare da uno che ha come mito quel pagliaccio di Berlusconi?

     
  7. Antitruffa |

    caro harris92, non sarai comunista ma comunque sia lasciatelo dire: te devi essere proprio un cretino. non c'è un altro termine per definirti. qui non è questione di avere dei miti, è questione che chi sta portando avanti le cose adesso sta facendo disastri. è normale guardarsi intorno e vedere l'alternativa a questo sfacelo.

     
  8. Anonimo |

    Io sono antifascista.
    Perchè ho una cultura democratica in cui credo fortemente.
    Per questo, sono fortemente anti-comunista, oltre a 100 altri motivi.
    Il mito, sia esso comunista che fascista, è arma di propaganda ortodossa del regime che ha, nella verità storica e nell'onestà intellettuale, un forte nemico, in grado di scardinarne il consenso (che in tali regimi non è mai spontaneamente solido, ma necessariamente si serve di strumenti di coercizione fisica e mentale, con la menzogna e la "contro-cultura").
    Il Che era un criminale come uomo, probabilmente con notevoli disturbi psichici (megalomania, estremamente autocelebrativo e vanitoso, gusto per l'uccidere, ipocrisia quasi sintomo di schizofrenia), incapace come guerrigliero, ancor di più come politico, nonostante avesse maggior cultura di quanti di solito lo circondavano.
    Perchè tanta paura della verità e dell'onestà sul Che? Perchè il miserabile tentativo di salvare l'indifendibile?
    Il fine non giustifica i mezzi, specialmente quelli criminali del Che, spesso ingiustificabili se non nell'ottica di una personalità crudele e molto disturbata, una disumanità camuffata da nobiltà di valori umani mai applicati davvero, senza alcun rimorso nell'essere efferato, spietato, anche contro innocenti o ragazzini.

    E' l'ora che la verità trovi la sua strada contro i miti, come già è accaduto verso i miti di Mao, dell'Urss, di Stalin e via discorrendo. La verità alla fine trova sempre la sua strada, ma perchè fare ostruzionismo nel difendere un criminale? Perchè non onorare la verità e disonorare chi la verità l'ha nascosta per troppo tempo?
    Tutt'ora i figli di quel comunismo oppressivo e violento non sono liberi e troppe sono le vittime che chiedono dignità d'essere riconosciute o vendetta morale.
    E' l'ora di chiamare i miti come il Che con il loro vero nome: assassino, criminale, spietato, disumano, ipocrita, incapace, nemico della libertà quanto dell'uomo a cui piaceva ispirare timore o meglio terrore, ma soprattutto sparare.

    Non si diventa "fascisti" solo perchè si ha il coraggio di opporsi allo schifo della menzogna culturale, ai falsi miti in cui si creano mostri inacettabili in cui un Che viene associato al pacifismo, da cui era profondamente distante sia umanamente che ideologicamente.
    Si diventa liberi, liberandosi dei falsi miti, opponendosi alla menzogna a cui siamo stati sottoposti per troppo, troppo tempo. E' ora di onorare anche quelle vittime cadute grazie anche ai sostenitori morali del mito comunista rivoluzionario Che, che al regime Batista ha imposto un regime ancora più spietato, tutt'altro interessato che alla liberazione di popoli e oppressi.
    Chi teme la verità e cerca di arrestarne il corso è nemico della giustizia e della libertà, consapevolmente.
    Un affetto ideologico non può giustificare la difesa dell'orrore o della disumanità.
    Liberamoci dalla menzogna impostaci con mito del Che.
    Buonaserata.

     
  9. Anonimo |

    Io dico: nessuno sa la verità. Alcuni dicono bianco, altri nero. E se anche il Che fosse stato il sanguinario che si va dicendo, supponendo questo, nulla toglie a ciò che di positivo può aver fatto. E' un uomo, cattivo come lo siamo tutti. Facciamoci un esame di coscienza. Non esiste la perfezione, l'uomo senza peccato. Nessuno scaglia la pietra. Se non è sanguinario chi professa degli ideali, come ad esempio il Che, allora lo sarà chi appoggia quell'ideale. Dove ci sono ideali, c'è guerra. Prima o dopo. Quante le battaglie e gli innocenti uccisi. Ormai non credo più nell'equazione libertà=non spargimento di sangue. Mi sono rassegnata, la storia lo dimostra. Questo è l'uomo, questi siamo noi che anche nel nostro piccolo odiamo e uccidiamo. Tutto è in proporzione. L'importante, per me, è almeno avere degli ideali. Se non si hanno nemmeno più quelli, allora siamo davvero cellule vaganti che esistono e aspettano di morire.

     
  10. Anonimo |

    Cazzo difendi il liberalismo? La principale causa della crisi della cultura e della società occidentale, della sua degradazione etica e morale, della perdita di qualunque valore tradizionale, della massificazione, della vittoria della materia, del materialismo, dell'economia, della Legge di Mercato sull'Uomo, sul suo Spirito oramai agonizzante... Con il liberalismo diventi un cazzo di numero! Ricordatelo!
    Prima di fare apologie imbarazzanti vai a leggerti qualcosa, razza di capra...

     
  11. Anonimo |

    fffffff

     
  12. Gianni Malotto |

    Davvero incredibile come un qualsiasi cretino possa permettersi di infangare il ricordo di un grande uomo attraverso menzogne ed invenzioni per puro scopo commerciale, e trovare altri cretini più modestamente disposti a fare da cassa di risonanza alle proprie stupidaggini.
    State tranquilli che gli ideali di umanità e libertà del Che rimarranno vivi nei secoli, testimonianza della sua grandezza di uomo, mentre le parole di questo Vargas Llosa saranno al massimo delle fastidiose scorreggie a fondo pagina, aria utile giusto a riempire le teste vuote di chi è disposto dar loro credito. La Storia ha già parlato, mi dispiace per voi.

     

Posta un commento